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Nardò: brevi cenni storici

Nardò: brevi cenni storici

cura di Serena Falconieri Stefano Manca volontari del Servizio Civile Nazionale presso Pro Loco Santa Maria al Bagno

Il sedileI primi insediamenti di nuclei abitativi nel territorio neretino si hanno con i Messapi, intorno al 1000 a.C. Con la venuta dei Greci (VII sec. a.C.), il villaggio lascia il posto alle costruzioni in pietra. I primi segni urbani, probabilmente, furono case, cisterne ad uso pubblico, palazzi (residenze della famiglia dominante) e stradicciole confluenti nell’unica via principale, che determinava l’asse di sviluppo.

La piazza, intanto, è un semplice pavimento di pietricciole…

Questa impostazione urbanistica prosegue con i romani, che nel corso dei secoli potenziano l’agglomerato lungo la costa impiantando diverse ville.

Con la caduta dell’impero romano l’assetto rurale subisce ulteriori trasformazioni: la popolazione, al centro urbano, preferisce un rifugio tra le campagne.

Bisogna attendere la fine del XIV sec. per arrivare ad un centro abitato dagli aspetti caratterizzanti, poi delineatosi e consolidatosi nei tre secoli successivi, con la costruzione di strade e della nuova cinta muraria (sec. XVI).

L'abitato era diviso in quattro quartieri (pittagi), a loro volta suddivisi in gruppi con proprie caratteristiche urbanistiche e socio-economiche. Castellum Vetus, con porta Castello (o di San Francesco); Sant’Angelo con porta Viridiana; San Paolo con l’omonima porta; San Salvatore con porta Baccarella.

Una prima fase di sviluppo urbanistico-architettonico favorisce la costruzione di corti, palazzi e del nuovo castello, tipica fortezza aragonese, molto probabilmente fatta sorgere intorno al 1490 su una preesistente fortezza. Seguono il Sedile, sede di incontri e riunioni di nobili, e l’edilizia sacra: oltre alla Cattedrale e ad elementi dei conventi dei Conventuali, dei Domenicani e delle Clarisse di Santa Chiara, permangono le due piccole chiese di San Leonardo e San Lorenzo.

Ma l’espansione investe non solo il centro. La costruzione delle torri costiere e delle masserie fortificate suscita e potenzia le maestranze locali.

Siamo ai primi del 1600: si fa sentire l’ansia di innovazione. Diffusa, nelle grandi famiglie della proprietà terriera, la predisposizione per il Barocco, pallino delle colte elites cittadine. Qualificati maestri (magistri) muratori, al tempo chiamati architetti, scultori, pittori, non solo salentini, rendono Nardò artisticamente bella e vivibile, distinguendosi in tutta la Terra d’Otranto. Palazzi, chiese, dipinti, sono il fiore all’occhiello dell’arte locale. Gli incroci delle strade si arricchiscono di edicole votive frutto di genuina arte popolare; e nel territorio agricolo compaiono i primi furnieddhri, residenze della popolazione contadina.

Il centro, intanto, vede sorgere i palazzi Tafuri, Maritati e Sambiasi.

Molto articolata l'edificazione della Casa dell'Università, sede della pubblica amministrazione. I lavori, iniziati nel 1596, si concludono nel 1612. L’edifico crolla in seguito al terremoto del 1743, che produce guasti al tessuto urbano e a diverse chiese (San Francesco da Paola, San Domenico, San Giuseppe, il Carmine, la Cattedrale, oltre al Seminario e al Conservatorio).

Pressoché immediata, nonostante la fase “post-terremoto” rimanga un periodo buio per la città, è la ricostruzione della chiesa di San Francesco (1745). Simbolo del rinato fervore edilizio, nel 1769, è la Guglia dell’Immacolata, costruita su contribuzione popolare. Anche la borghesia supera la paura, riscoprendo il gusto per la vita. Le masserie fortificate si trasformano in ville per i signori (si pensi alle sontuose residenze di Portoselvaggio e delle Cenate).

Agli inizi del 1800 Nardò conta diverse costruzioni religiose, eleganti elementi d’arredo della città. Ma l’instabilità politica del regno borbonico blocca in parte il processo di edificazione. All’ingegner Gregorio Nardò si deve, nel 1848, l’apertura di porta Cimitero (ora porta Falsa), agile raccordo tra la città e il cimitero, istituito dopo la legislazione napoleonica del 1804.

Dal 1855 al 1867 due epidemie di colera, diffusesi soprattutto tra i ceti meno abbienti, uccidono 500 persone. Nel 1887 il Consiglio comunale fa costruire nuovi borghi, bonificando zone periferiche e costruendo nuovi edifici pubblici, tra cui il Teatro Comunale ed un nuovo macello. Riparte, quindi, la politica di ampliamento degli spazi, sia con l’esproprio di giardini privati, sia con la demolizione di vecchie costruzioni. È del 1886 l’apertura della Biblioteca comunale; del 1908 la messa in funzione del primo impianto elettrico. Le Cenate continuano a sedurre la borghesia neretina come luogo ideale per la costruzione della propria dimora estiva; Santa Maria al Bagno e Santa Caterina subiscono piacevoli interventi di sviluppo: illuminazione, rete idrica ed un’arena cinematografica. L’attività edilizia riprende tra le due guerre, per arrestarsi nei primi anni Trenta, quando la crisi economica ridimensiona i sogni di tutti, borghesia compresa.

Tra il 1940 e il 1942 la città conta 161 strade e 14 piazze: un’articolazione che prosegue ancora oggi, espandendosi a macchia d’olio…

PER SAPERNE DI PIÙ:

Mario Mennonna, Nardò dalle origini alla metà del ’900, Congedo, Galatina, 2003

Mario Mennonna, Guida di Nardò, Congedo, Galatina, 2001

Ultimo aggiornamento: 01/06/2006 (10:18)

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