Ad un anno di distanza dalla morte del compianto Carlo Benincasa, politico di spicco della sinistra leccese, il fratello Giuseppe vuole ricordarlo con i versi di una poesia, scritta di proprio pugno.
“Vorrei saperti scrivere il mio cuore,
questa scatola nera rugginosa
da gran tempo sepolta
a mezzo tra le scoppiate occhiaie
degli oblò negli abissi
adagiati come morte pupille
senza speranza dell’antica vita.
Pure sapevi leggervi il timore
e trepida l’attesa del domani
nella povera casa sotto il cielo
stenta, appena nutrita a latte e pane
e pensosi gli sguardi nel silenzio
della malcerta età.
Così sei venuto crescendo
senza chiari orizzonti e senza sogni
che neppure potevi immaginare
nella cerchia opprimente
delle casette dai terrazzi bianchi
grevi d’estate di calura
e, negli inverni, fredde di tremori.
Poi non ci siamo visti
che nei fugaci istanti dei pensieri,
sempre lontani (a volte incontri rari)
mentre il tempo lentamente offuscava,
fino a sfumarne i tratti,
ciò ch’eravamo ieri.
Giuseppe Benincasa
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