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Lo stilista intervistato dalla Rai (foto di Michela de Nicola)
ROMA – Alla fine è magicamente apparsa la donna-ragno, commovente tribute alla sua terra, la demartiniana “terra del rimorso”, o della sete, che ha plasmato il suo dna, il gusto estetico, la sensibilità.
Il pubblico ha capito: è stata standing-ovation. E così Antonio Ventura de Gnon, dopo 10 anni di assenza, è stato re di Roma per una notte alla fashion week Alta Roma, sfilate primavera-estate 2013. L’emozione era così intensa che ha fatto solo metà passerella, lasciando tutta la scena alla performance demenzial-futurista di Enrico Lucci (Le Iene) in abiti da donna.
E ora la collezione, al grido di “Il mondo ha fame di stile italiano” e citando Dostoevskij (“La bellezza salverà il mondo”), parte alla conquista dei mercati globali, in un momento certo difficile, ma il made in Italy, stile, classe, raffinatezza, hanno storicamente un irresistibile appeal e possono rappresentare la password ideale per far passare, citando Eduardo, la “nuttata”. Se solo fosse sostenuto dalle istituzioni.
Un abito di Ventura indossato da Valeria Oppenheimer (foto di Mauro Rosatelli)
Non è un caso che la collezione presentata nella deliziosa location delle Officine Farneto, a Roma, si intitola “VolerEssere”, quasi a sostanziare un’autostima necessaria per superare il default, come creativi e come sistema-Paese, coscienti che, come diceva Marguerite Yourcenar “siamo tutti responsabili della bellezza del mondo”. E la fiducia nella sua arte, la coscienza della propria grandezza, la modulazione geniale del suo essere uno stilista famoso nel mondo, caratterizzano la sua avventura sin da quando, ragazzo, lasciò Terra d’Otranto (è nato a Taviano, nel Leccese, unico maschio in un gineceo di sorelle e zie) per intraprendere gli studi universitari.
Da oltre quattro lustri firma collezioni di pret-à-porter che intrigano il jet-set internazionale, ha vestito due Miss Mondo, poi un’intera collezione per la finale nazionale di Miss Mondo (2006), ha firmato un abito che rappresentò l’Italia a Londra (a una kermesse di gioielli). Nel frattempo, dal 2001 è costumista Rai e scrive su prestigiose testate di Alta Moda. Vive fra la Capitale e New York.
A Roma il couturier pugliese è amatissimo e stimatissimo: ha avuto l’ennesima conferma che la sua stella è viva e brilla più che mai in un momento storico caratterizzato da proposte déjà-vu. Un evento (sostenuto da Italian Beauty Line e A&A Italian Fashion, ripreso e trasmesso da Rai2) che ha richiamato, grazie a un prezioso, certosino lavoro di pr di Emilio Sturla-Furnò, oltre 500 ospiti: la Roma-bene che ama il bello, buyers da tutto il mondo. Parterre ricco dove fra gli altri si notavano Valeria Mangani, Stefano Dominella, Ada Alberti, Franco Oppini, Elena Russo, Elisabetta Pellini, Marina Pennafina, Vincenzo Bocciarelli, Rodolfo Corsato, Roberta Beta, l’ambasciatore d’Austria Christian Berlakovitz, i giornalisti Maria Concetta Mattei, Camilla Nata, Antonio Pascotto, l’on. Antonio Paris, gli stilisti Nino Lettieri e Massimo Bomba, Mara Parmegiani, la psicoterapeuta Irene Bozzi, Bianca Maria Lucibelli Caringi, il principe Carlo Giovanelli, il marchese Giuseppe Ferraioli con Olga, il costumista Francesco Crivellini, il principe Guglielmo Giovanelli Marconi, la contessa Alessandra Olga Baglioni, la baronessa Cetty Lombardi Sartriani, lo scenografo Gigi Riggio, ecc.
Amatissimo si diceva: alle modelle si sono mescolate - adottando un format un pò ironico un po’ trasgressivo, un sacco postmoderno – le sue amiche in veste di guest star: da Nadia Bengala a Vira Carbone, da Carmen Di Pietro a Valeria Oppenheimer e Maria Chiara Cudillo. Il pianista Luca Scognamiglio ha accompagnato Juan Odierno col suo repertorio cosmopolita: Mambo Italiano, Nostalgia, Verde Luna.
In passerella 30 abiti in lino e seta (resi unici dai “gioielli non gioielli” di Ilaria Pascali, le borse di Eleonora Manara, linea Petronilla, gli insert in pelliccia di Alberto Leonardi, le acconciature di Sergio Valente, il Make Up di Studio 13), e ognuno rappresenta una citazione della sua terra, il Salento, che si porta nei cromosomi, pregno delle insospettate tonalità e solarità della natura: il verde dei campi avvolti nel silenzio dell’abbraccio rassicurante dei maestosi ulivi secolari, opere d’arte, il blu in tutte le sfumature del mare che da Otranto a Gallipoli e Leuca circonda il suo paese, e poi il grigio delle giornate uggiose di scirocco unto di sale e il caldo marrone della terra che in autunno si apre e che nel grembo accoglie il grano. I tessuti si posano dolcemente sul corpo accentuando la morbidezza delle curve: è il trend “scoperto” anche a Londra. Una collezione soirée in seta che dà luce e richiama la luce grazie a un sapiente gioco di contaminazioni giocato su innesti di micro perle, taffetà con richiami cornely, tulle, voile sfumati. Il lino non è il must per la sera, ma è valorizzato da ricami a micro-paillettes e pizzi vintage. Il nero opaco e lucido non può mancare in una collezione che si rispetti, come la sposa, che Ventura “vede” avvolta in una nuvola di pizzi in maglia di lino color avorio. Proposte che sfidano la crisi: gli abiti infatti possono essere facilmente trasformati da giorno a sera con semplici mosse: “In momenti come questi – osserva Ventura – si deve aguzzare l’ingegno: essendo il tessuto dell’abito privo di tagli è possibile disfarlo e ricucirlo: una nuova creazione così prende vita”.
Sorride enigmatico, a metà tra il filosofo ateniese e il guru in un tempio orientale: “Queste proposte sono l’insieme dell’Essere e del Volere”. Altra standing-ovation. Intimidito si rifugia nel backstage. Per la serie: “Eccellenze di Puglia”. Chapeau!
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